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Nostalgia di casa e “expat”. Come superare la malinconia

Nostalgia di casa e Expat: un binomio purtroppo noto ai nostri tempi, dovuto a quel forte sentimento di malinconia che chi è costretto a vivere fuori di casa ha provato almeno una volta. L’ondata pandemica ha inoltre contribuito a peggiorare la situazione: molti avrebbero voluto essere a casa per aiutare i loro cari, ma non sempre è stato possibile.

Verrebbe da dire che il disagio è circostanziato al periodo di restrizione pandemica, qualcosa di dunque risolto ora che i distanziamento non è più imposto né necessario; eppure a distanza di mesi sono moltisismi i casi riscontrati di soggetti condizionati quotidianamente da una percezione di nostalgia di casa e/o di malinconia verso gli affetti più cari.

Il concetto di colpa per non essere presenti per i propri famigliari durante periodi difficili prende il nome di Expat Guilt.

La “malinconia di casa” può essere descritta come una sorta di disagio emotivo che può essere difficile da spiegare o comprendere. Il senso di malinconia e il conseguente disagio psicologico, che ne deriva è tale da portare l’individuo a stati di depressione clinica. Voglio ribadirlo: la depressione, a patto che soddisfi determinati valori, è una psicopatologia a tutti gli effetti.

Essa si manifesta con una serie di sintomi ben specifici e definiti, non unicamente con tristezza e senso di vuoto dovuto dall’impossibilità di avere una relazione diretta con le persone che sono da sempre state per noi dei riferimenti e delle figure positive. Non solo, alcune persone arrivano addirittura a sentirsi in colpa per provare questi sentimenti malinconia per la lontanaza da casa, poiché questi luoghi sono spesso associati a sentimenti di felicità e di sicurezza e questo acutizza il disagio psicologico di cui sopra.

Nel 1948 l’organizzazione mondiale della sanità diede una definizione di salute dettagliata, mettendo l’accento sulla variabile psicologica. Da lì a poco, venne teorizzato un modello che sta sempre più prendendo piede: il modello bio psico sociale. Si tratta appunto di una visione completa dell’essere umano, influenzato nella malattia e nel benessere da molteplici fattori.

Vengono così avvalorati gli aspetti psicologici, sociali, familiari dell’individuo, fra loro interagenti. Nelle seguenti righe scopriremo come un approccio simile possa essere ritenuto vitale nel supportare l’expat nel guarire dalla depressione. Prima, però, occorre fornire una ragionevole risposta all’annosa domanda: com’è possibile sapere se una persona sia realmente depressa, o meno?

Come faccio a sapere se sono depressa/o?

La depressione clinica, considerata psicopatologia, deve soddisfare determinati criteri che è possibile trovare nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), un testo specialistico di difficile interpretazione per i non addetti ai lavori. I parametri citati nel DSM-5 sono di fondamentale importanza, in quanto nel gergo comune troppo spesso il termine depressione viene utilizzato come sinonimo di tristezza. La realtà è ovviamente ben diversa.

Premettendo, come al solito, che l’autodiagnosi non sia mai una buona idea, e che solo un professionista della salute mentale potrebbe esprimersi in merito, vorremmo qui fornire un elenco utile a tutti gli expat italiani, per comprendere alcuni dei sintomi più diffusi della depressione:

  1. Anedonia: difficoltà nel provare piacere mentre svolgi attività che solitamente ti fanno stare bene;
  2. Repentini mutamenti di peso, o variazioni nella percezione di appetito;
  3. Umore depresso per periodi di tempo prolungati (giorni, settimane, mesi);
  4. Difficoltà nell’addormentamento o in generale nel sonno;
  5. Decremento delle funzioni cognitive (velocità di pensiero, problem solving, concentrazione);
  6. Pensieri intrusivi, marcata diminuzione dell’autostima;
  7. Pensieri suicidari (in situazioni particolarmente gravi);
  8. Sentimenti di colpa costanti inspiegati.

L’ultimo punto è di particolare importanza nel caso degli espatriati italiani all’estero. Nel fenomeno dell’expat Guilt, infatti, il senso di colpa viene generato dalla pandemia, un evento che sfugge ad ogni controllo, impossibile da prevenire.

I sintomi sopra citati potrebbero essere invalidanti, e compromettere il funzionamento quotidiano dell’individuo. Per esempio, un umore depresso per periodi prolungati potrebbe portare ad una crescente difficoltà nelle relazioni sociali, fino ad arrivare al deterioramento dell’autostima e al ritiro sociale.

Andremo ora ad approfondire alcuni aspetti scientifici, utili a comprendere il binomio expat e depressione.

Expat: aspetti bio-psico-sociali di chi prova , nostalgia di casa e malinconia

La risposta è quasi scontata: per stare bene o prevenire eventuali patologie occorre agire sulle tre variabili. Andiamo a scoprire come un expat, che si trovi a centinaia se non migliaia di chilometri da casa, potrebbe coltivarle in modo scientifico.

La scienza è chiara: esistono alcune attività fondamentali, utili sia nella gestione che nella prevenzione dell’umore depresso.

Riprendiamo il modello appena citato, e andiamo con ordine, partendo dalla parte BIO.

L’attività fisica, moderata e continuativa, ha un impatto positivo sui sintomi depressivi. L’Alameda County Study (Camacho, T. C., Roberts, R. E., Lazarus, N. B., Kaplan, G. A., & Cohen, R. D. (1991). Physical activity and depression: evidence from the Alameda County Study. American journal of epidemiology134(2), 220-231.) ne è un esempio rilevante, e testimonia di come lo stile di vita possa influire direttamente sulla salute mentale dell’essere umano.

Passiamo ora alla prossima variabile: PSICO.

Conosci quel detto “tu sei il miglior psicologo di te stesso” ? Sappi che non è così. Se ne senti il bisogno, contattane uno formato e abilitato, poiché rappresenta la migliore scelta, per chiunque voglia prendersi cura della propria salute psicofisica. La terapia psicologica è particolarmente indicata nei casi nei quali il disagio diventi insostenibile.

Quando la depressione clinica produce una mancanza di efficacia percepita, di gioia e di voglia di vivere, lo psicologo è sempre una buona idea.

Al terzo posto, ma non per minor importanza, troviamo la variabile SOCIALE.

Per l’expat, a causa di fattori differenti (barriere linguistiche, impossibilità di tornare a casa) è più comune cadere in difficoltà nel relazionarsi con un nuovo contesto. Alcuni consigli utili per coltivare la socialità possono riguardare il rimanere in contatto con amici e parenti, o cercare il partecipare ad eventi in presenza – o digitali – promossi dal paese ospitante.

Il miglior modo per curare la depressione

Nei casi nei quali la depressione non sia dovuta ad un abuso di farmaci o sostanze, il miglior metodo per curarla è rivolgersi ad un professionista della salute mentale: lo psicologo. Per l’italiana/o all’estero, però, potrebbe risultare difficoltosa la ricerca di psicologi coi quali confrontarsi nella propria lingua madre. Come superare eventuali barriere linguistiche? La soluzione è in realtà semplice, e “figlia” dei nostri tempi, sempre più votati alla tecnologia.

Dal 2020 ad oggi il mondo ha assistito ad un balzo in avanti importante verso la digitalizzazione dei servizi. Così come altre figure professionali, anche gli psicologi si sono adattati, approdando nel mondo online con ottimi risultati. Dati alla mano, la terapia psicologia online non presenta controindicazioni, e vede un’efficacia paritaria rispetto alla terapia de visu. Noi di Helpmeout offriamo servizi di terapia individuale con primo colloquio gratuito, volta al miglioramento del benessere mentale. I membri del nostro team lavorano ogni giorno con expat italiani che risiedono sia in Europa che in altri continenti. Non esistono problematiche di serie A e di serie B: se ne senti il bisogno, non esitare a contattarci. Ricorda: life is too short to be unhappy.

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