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Pandemic fatigue: riconoscerla e superarla

La "pandemic fatigue" è un fenomeno ormai tristemente diffuso nella popolazione, globale ma come possiamo gestirlo?

Il termine “pandemic fatigue” è diventato, a causa degli avvenimenti  degli ultimi anni, tristemente noto agli occhi della popolazione generale.

Col passare del tempo, tuttavia, numerose riviste scientifiche hanno evidenziato un fatto altrettanto inaspettato: col passare del tempo, della frustrazione e della fatica psicologica accumulata, le persone si sentirebbero sempre meno motivate nel rispettare le norme istituite.

Tale fenomeno prende appunto il nome di fatica da pandemia. Perché avviene? Quali potrebbe essere l’impatto psicologico di una crisi così grande, sul lungo periodo? Nella guida di oggi esploreremo il costrutto, con l’aiuto di alcuni documenti pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, o citando riviste scientifiche che tu stessa/o potrai controllare.  In primo luogo è fondamentale definire in cosa consista la “fatica da pandemia”, seguendo le pubblicazioni più recenti. Dopo averne compresi i sintomi, lo sviluppo, e i potenziali rischi per la salute psicologica, forniremo indicazioni su come affrontarla al meglio, e infine curarla.

 

Cause e sintomi della pandemic fatigue

Il 31 dicembre 2019, da Wuhan arrivò una notizia che avrebbe completamente stravolto i destini di molti. Poco più tardi, infatti, venne identificata una nuova malattia virale trasmissibile da uomo a uomo, che noi tutti abbiamo imparato a chiamare COVID-19. Nel Febbraio 2020 ai primi casi italiani a Roma, seguirono contagi veloci e numerosi per tutta la penisola. Lo stato italiano, così come la quasi totalità dei paesi, fu costretto a dichiarare la chiusura totale.

Alla prima ondata ne seguì una seconda che vide ancora una volta la chiusura di alcuni esercizi commerciali, e il rispetto di norme igieniche ben definite. Quarantene, obbligo di indossare le mascherine chirurgiche in determinate situazioni e di mantenere le mani adeguatamente igienizzate. Un contesto angosciante, dominato dalla paura del contagio, distanziamenti obbligati da amici e parenti e da difficoltà psicologiche dovute all’ansia e allo stress generati negli individui.

Emozioni negative che se protratte nel tempo possono sfociare nella fatica da pandemia, o pandemic fatigue.

E infatti nel documento citato nell’introduzione, firmato OMS (Policy framework for supporting pandemic prevention and management) la pandemic fatigue viene definita come una graduale perdita di motivazione a seguire le condotte comportamentali protettive e igieniche, a causa delle importanti mutazioni contestuali.

La persona che soffre di fatica da pandemia tenderà quindi a:

  1. Percepire un forte senso di demotivazione nel seguire le norme (indossare la mascherina, lavarsi le mani con cura, etc…);
  2. Sentirsi stremata, apatica, continuamente irritata o frustrata;
  3. Sperimentare difficoltà di concentrazione (Brain fog);
  4. Dormire per periodi di tempo superiori al solito (letargia);
  5. Dormire per periodi di tempo inferiori al solito (carenza di sonno).

Alla base di tali sintomi c’è, secondo le ultime ricerche, il carico di stress elevato e costante nel tempo. Come ben spiegato nella guida sullo stress lavoro correlato, l’essere umano è più incline a sopportare livelli di preoccupazione che si manifestino in acuto. La pandemia è, al contrario, una crisi che ci ha accompagnato nella quotidianità, per anni.

Uno stimolo stressante in cronico, difficile da gestire in mancanza del supporto di figure qualificate.

 

Il legame tra depressione e pandemia

Secondo Seiter e Curran, è possibile che a causa della fatica accumulata, paure ed altre emozioni negative portino la persona verso stati psicopatologici, ritiro sociale e depressione. I due studiosi hanno evidenziato infatti una correlazione positiva tra  una possibile fatica di pandemia e i sintomi della depressione. Benché tali risultati possano considerarsi interessanti, è lecito sottolineare che la ricerca scientifica sugli effetti psicologici della pandemia sia solo agli albori.

Quindi, benché possa esserci un legame, non è detto che la pandemic fatigue porti automaticamente a sviluppare mood depressivi o vere e proprie psicopatologie come il disturbo depressivo maggiore. Come nel caso della “relazione tossica“, quindi, non esiste ancora una definizione chiara e specifica della fatica da pandemia. Una cosa però è certa: con la salute psicologica non si scherza. 

Ed è sicuramente difficile orientarsi in un universo come Google, dove è possibile trovare tutto (e il contrario di tutto). L’autodiagnosi ispirata da articoli da blog trovati online, compresa la guida che stai leggendo, non è mai una buona idea. Allo stesso modo, confrontarsi con figure non adeguatamente formate, o ancora peggio mancanti di riconoscimento legali potrebbe aggravare la situazione anziché risolverla.

La pandemic fatigue può essere curata, a patto che la persona si rivolga ad un professionista. Vediamo, ora, come.

 

Come gestire l’impatto psicologico della pandemia

Il covid ha rappresentato un evento potenzialmente stressante per chiunque, indipendentemente da orientamento religioso, classe sociale o schieramenti vari. E come avrai intuito dagli scorsi paragrafi, sottovalutare la situazione equivale a favorire lo sviluppo di un potenziale disagio psicologico.

La prima cosa da fare è informarsi mediante la consultazione di fonti autorevoli come per esempio l’organizzazione mondiale della sanità prima citata.

Nel caso in cui sia presente un marcato disagio psicologico di qualunque entità percepita, per tutelare la propria salute mentale, è necessario rivolgersi ad un team di specialisti. E, come da consuetudine, voglio segnalarti la possibilità di usufruire di un colloquio conoscitivo gratuito con i nostri psicologi, completamente online. Come ottenerlo?

Il primo passo consiste nel compilare un questionario (puoi trovarlo qui). Attenzione: la compilazione è di fondamentale importanza perché ci permetterà di identificare quale, tra i membri del nostro team, sia il più indicato per aiutarti. In secondo luogo, potrai fissare il colloquio conoscitivo. Avrai così la possibilità di confrontarti direttamente con il terapeuta e senza alcun obbligo. Se, e solo se ti sei trovata/o bene, potrai decidere di continuare. Il tutto in completa comodità, perché appunto svolto online. Se c’è una soluzione, perché tenersi il problema?

Life is too short to be unhappy.

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